La variegata produzione tessile della tradizione sarda offre numerosi manufatti di grande valore storico, estetico e forza espressiva. Tra le opere più significative, meno studiate e sostanzialmente poco conosciute, spiccano le “Facciadas”.
Si tratta di strisce rettangolari, lunghe e strette, prodotte al telaio orizzontale, provenienti dalla regione del Mandrolisai e dalla Sardegna meridionale. In esse sul fondo “color crudo” risaltano motivi ornamentali intessuti, che paiono quasi ricamati, prevalentemente turchini, ma anche color ocra, rossi oppure in marrone, nero o giallo. Sono decori rigorosamente geometrici o stilizzatissimi (rombi, triangoli, zigzag, “alberi della vita”, pavoni e altri volatili). La strutturazione sapiente ripete pochi schemi appena variati lungo linee parallele o su intrecci reticolari, secondo il più radicato “stile etnico sardo”, in modi simili ai virtuosismi della poesia e delle nodas delle musiche arcaiche. Le facciadas, molte delle quali vengono ascritte al XVII secolo, ricordano da vicino più antichi manufatti extra-insulari gotici e rinascimentali, come le “tovaglie perugine” nelle quali son stati rilevati influssi ebraici.
I contesti, il tramite e le cause di queste assonanze restano ancora da delineare precisamente, come la stessa funzione originale delle facciadas, sulla quale la memoria popolare resta confusa e gli studiosi sono giunti a diverse ipotesi, aggiungendo un alone di mistero al loro indubbio fascino.
Infatti da una parte si ritiene che fossero strisce ornamentali che venivano esposte alle finestre durante le processioni religiose mentre altri pensano fossero parte delle cortine di fastosi letti nuziali. Tuttavia, le due ipotesi sono solo apparentemente contrastanti e l’una non esclude l’altra, in considerazione del fatto che molti manufatti tradizionali assolvevano a varie funzioni.
Fonti e testi a cura del dott. Gianmario Demartis